Buon inizio millennio con … gratitudine


Di Roby Noris

 

 

Fine anno, fine secolo e fine millennio. Per chi l’avesse scordato l’anno zero non c’è mai stato e quindi il duemillesimo anno che chiude il ventesimo secolo è il 2000 che finisce tra poco e non il 1999. Quindi auguri e ci risentiamo nel terzo millennio.

Beh non si può mica concludere così anche se la ricorrenza è di quelle che mettono le vertigini e verrebbe proprio voglia di non provare neppure a dir qualcosa.

Caritas Ticino del terzo millennio non so proprio come sarà, ma per quanto riguarda quella del secondo, solo dal 1942, non ho dubbi che possa essere definita chiaramente almeno da una parola: gratitudine.

Gratitudine verso molte persone che ne hanno disegnato i passaggi più significativi della sua storia, e di tutti coloro che ci hanno creduto nel silenzio e nell’anonimato; gratitudine per tutti quelli che scrivono la storia davvero, anche se i loro nomi e i loro volti non li conosce nessuno.

Ma gratitudine anche verso alcune figure che tutti conosciamo e non potremo mai dimenticare; mi piacerebbe che un ricercatore intergalattico in un’era futura, piombando da queste parti, ritrovasse nella memoria storica, registrate in un database su qualche strano supporto informatico nella rubrica “Dalla fede in Cristo, solidarietà e segni di speranza” almeno tre di queste figure: Mons. Corrado Cortella direttore di Caritas Ticino per più di trent’anni, Mons. Eugenio Corecco Vescovo di Lugano dall’86, morto nel ’95 e Mons. Giuseppe Torti direttore di Caritas Ticino dall’87 al ’91 e poi Vescovo dal ‘95.

Mons. Cortella se ne andava nell’80 da Caritas Ticino quando io arrivavo. Non ho quindi potuto lavorare con lui ma ho potuto a più riprese verificare di persona come questo vecchio saggio avesse segnato lo sviluppo di Caritas Ticino marcandone una potenzialità che avrebbe dato i suoi frutti in futuro. Forse oggi lui stesso fatica a riconoscere la configurazione attuale di Caritas Ticino, ma questa struttura ormai multiforme non avrebbe avuto queste opportunità di sviluppo se non ci fosse stato quest’uomo con la sua lungimiranza, che intuì alla fine degli anni settanta la necessità di andare oltre la struttura ormai tradizionale del servizio sociale che accoglieva casistica individuale, e cominciò a introdurre nuove figure professionali all’interno dell’equipe: era l’inizio della trasformazione.

Mons. Eugenio Corecco lo ricordiamo con grande affetto, ma Caritas Ticino deve a lui quella sorta di manifesto che si ritrova nel suo intervento, al convegno del cinquantesimo, dove definì le linee direttrici di una Caritas Ticino affermando: “La carità non ha come misura il bisogno dell’altro ma la ricchezza e l’amore di Dio. È infatti limitante guardare all’uomo e valutarlo a partire dal suo bisogno, poiché l’uomo è di più del suo bisogno e l’amore di Cristo è più grande del nostro bisogno”. Inevitabilmente, cercando di approfondire questa intuizione geniale, ci siamo trovati in contrapposizione con la linea sempre più laica delle Caritas in generale nel mondo, e soprattutto al nord.

Infine voglio ricordare con simpatia e gratitudine Mons. Giuseppe Torti vescovo di Lugano che fu direttore per diversi anni di Caritas Ticino, che non conoscevo prima del nostro incontro professionale. Un’incontro e un’amicizia che mosse i primi passi ad Assisi sotto lo sguardo di S.Francesco che probabilmente da allora veglia sul nostro lavoro. Don Giuseppe ha voluto bene alla sua Caritas da direttore e continua a volergliene da Vescovo; con coraggio e abnegazione ha preso il testimone del suo predecessore e continua a difendere Caritas Ticino nella sua battaglia per affermare una linea scomoda che non va per la maggiore. Come il Vescovo Corecco che l’ha voluta, Mons. Torti crede, sostiene e difende Caritas Insieme rivista e TV come una voce nella nostra Diocesi che guarda al futuro, rispondendo a chi contesta questa esperienza particolarissima che “anche S.Paolo avrebbe usato le antenne paraboliche se fosse vissuto nella nostra epoca”.

Ma a Natale del 2000 si può anche avere dei sentimenti di gratitudine persino per i detrattori di Caritas Ticino, quelli che, di qua e di là del Gottardo, farebbero carte false pur di vedere la nostra organizzazione ridotta a confezionare pacchi dono. Gratitudine per questi cecchini che ci tengono costantemente sotto tiro, quindi svegli e attenti, costringendoci a cogliere l’essenziale del nostro impegno che è meno nelle nostre mani di quanto vorremmo credere. Perché se per caso una dimensione profetica in qualche modo ci è data, non è certo per i nostri meriti, ma per affermare che due millenni fa in una notte che abbiamo datato tra il 24 e il 25 dicembre è avvenuta in modo inequivocabile la cosa più straordinaria e incredibile di quella manciata di millenni che è seguita.

Buon Natale.